31/01/2023

Benedetto XVI e la «riforma della riforma»

Par l'abbé Claude Barthe

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Da un’intervista con Edward Pentin, pubblicata dal National Catholic Register il 9 gennaio 2023 (Benedict XVI and Tradition), estraiamo il seguente passaggio:

In che misura erano realistiche la «riforma della riforma» di Benedetto XVI e la sua «ermeneutica della continuità»? O avrebbe dovuto piuttosto promuovere un ritorno alla liturgia, che veniva celebrata prima delle riforme liturgiche, seguite al Concilio Vaticano II?

Don Claude Barthe – Questo è un punto difficile da comprendere bene in Benedetto XVI. Summorum Pontificum è certamente un testo destinato a portare la pace liturgica liberalizzando la messa antica, ma si integra anche col suo grande progetto, perseguito fin dal suo arrivo a Roma, vale a dire l’inquadramento del Concilio.

J. Ratzinger era diventato un conciliare moderato, ma restava un conciliare. Nel suo discorso del dicembre 2005 davanti alla Curia romana, ha spiegato, peraltro in modo alquanto vago, il suo progetto: applicare al Vaticano II un’«ermeneutica del progresso nella continuità». Questo per la lex credendi. Inoltre, secondo lui, uno degli effetti della liberalizzazione dell’antica liturgia doveva essere quello di permettere per emulazione, contatto, «arricchimento», di correggere ed interpretare correttamente la nuova liturgia. Questa era l’utopia. Perché, in qualunque maniera essa venga celebrata ed interpretata, la nuova liturgia conserva le proprie debolezze intrinseche, che sono debolezze dottrinali.

Ma Benedetto XVI ha anche favorito, di fatto, la celebrazione della liturgia preconciliare, lex orandi legata ad una lex credendi pure preconciliare. Suo malgrado o forse in parte volontariamente, Benedetto XVI ha posto una mina sotto l’edificio conciliare.

Quanto al processo di «riforma della riforma», questo presenta la stessa doppia faccia. Se era destinato a condurre verso una nuova liturgia emendata, senza «eccessi», ciò è rimasto all’interno dell’utopia che ho descritto: la messa nuova «emendata» contiene malgrado tutto un’espressione più debole del valore sacrificale dell’azione eucaristica. Se, al contrario, la «riforma della riforma» vuole essere un processo di transizione per consentire un graduale ritorno alla liturgia romana in tutta la sua forza e purezza, sarà per i fedeli delle parrocchie un mezzo pedagogico, utile e persino necessario.

[…]

Sappiamo perché, nonostante Summorum Pontificum e nonostante il suo amore per una liturgia riverente, Benedetto XVI non abbia mai celebrato la messa latina tradizionale in pubblico?

È vero, aveva celebrato la messa latina tradizionale un buon numero di volte come cardinale, ma non lo ha mai fatto come papa. È vero che una messa papale solenne secondo il rito antico, sommamente fastosa, sarebbe stata estremamente difficile da organizzare, anche se fosse stata molto semplificata. Insieme al suo amico Robert Spaemann, ho cercato di convincerlo a celebrare una messa bassa in pubblico o almeno una messa, che sarebbe stata filmata o ampiamente fotografata. Invano. Devo dire che il suo cerimoniere, Guido Marini, conservatore ma non tradizionale, non è mai stato molto entusiasta del progetto: avrebbe dovuto imparare il rito antico ch’egli non conosceva. Questa fu una grande occasione mancata: questa celebrazione della messa tridentina, da parte del papa, quand’anche in modo molto modesto, sarebbe stata un atto estremamente forte.