Il dopo Bergoglio: sarà un ritorno in dietro o uno scatto in avanti?
Speriamo né l’una né l’altra cosa. Già nel maggio scorso, Golias Hebdo, organo di stampa dei cristiani della sinistra francese, si mostrava molto pessimista sull’evoluzione del pontificato bergogliano nel quale, inizialmente, i suoi redattori avevano riposto tanta speranza: «Francesco sta fallendo», scriveva Gino Joel. (…) Dopo un quinquennio, il dispositivo bergogliano, già spompato, non ce la fa. Le riforme appaiono prive di slancio, prive di particolari ambizioni; e gli uomini scelti non sembrano affatto adeguati, assolutamente non all’altezza. La rivista lamentava lo scacco del viaggio in Cile e le riforme ridotte a semplice propaganda. Oggi si potrebbero aggiungere le accuse di malversazioni finanziarie e di protezione di un prelato colpevole di abusi sessuali rivolte al cardinale Rodriguez Maradiaga, che dirige il C9 e le accuse al Papa stesso da parte di Monsignor Viganò relativamente alla sua gestione dello scandalo McCarrik, ancora più grave di quello Maciel.
In realtà, il «progressismo» del pontificato appare doppiamente arcaico, da due punti di vista opposti a seconda di come lo si guardi.
Da un lato sembra proprio inadeguato. Una parte molto vivace del cattolicesimo, cosiddetto identitario, non si riconosce affatto nella direzione presa dalla Roma attuale, cosa che nutre un’amara frustrazione del clero, dei fedeli e dei blog detti «ratzingeriani», ma dà anche luogo ad un riavvicinamento, in particolare, con il mondo detto «lefebvriano», abituato, in seguito al Concilio Vaticano II, a vivere in un critico distacco dal resto dei cattolici.
Dall’altro, il progressismo di Francesco non è più veramente in sintonia con lo stato del cattolicesimo in Europa, o con ciò che ne resta, a sua volta fortemente imbevuto di un relativismo liberale nella sua versione postmoderna, fortemente individualista. Questo cattolicesimo «borghese», nel senso tedesco del termine, è in effetti una religione in cui dottrina, pratica e norme, ma anche Novissimi, confessione sacramentale, educazione dei giovani alla purezza, rifiuto della contraccezione e di qualsiasi ricorso all’aborto, sono stati serenamente messi fra parentesi. Liberato dalla militanza progressista degli anni santa e settanta si integra con ancor maggior facilità in una società della quale condivide gli avanzamenti. Ora, se papa Francesco non è uscito direttamente dalle fila di Rahner, Küng e Schillebeeckx, resta comunque l’uomo delle aperture varcate dal post-cattolicesimo dei gesuiti francesi o americani. In fondo, Amoris lætitia, che pretende di organizzare la conquista della libertà di coscienza, è di un’altra epoca.
Il futuro sarà dunque una fuga in avanti liberale secondo i venti che tirano, con un nuovo papa che sarà una sorta di Trudeau o di Macron ecclesiastico? Niente di meno certo. Henri Tincq, giornalista religioso di lungo corso di Le Monde, in La grande peur des catholiques de France, Grasset 2018 (La grande paura dei cattolici di Francia), teme che la prossima elezione pontificale che possa dare luogo ad una «reazione» che riduca il pontificato di Francesco ad una semplice «parentesi». Un ritorno conservatore alla Benedetto XVI, insomma. Con il medesimo effetto… A meno che non si colga l’occasione di rompere questo circolo e di intraprendere res novæ, veramente nuove in quanto eterne.
Abbé Claude Barthe