01/10/2022

Verso l’implosione?

Par Don Pio Pace

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Vers l’implosion? : è il titolo (in cui il punto interrogativo è puramente formale) del libro di «interviste sul presente e sull’avvenire del cattolicesimo» avvenute tra Danièle Hervieu-Léger, sociologa delle religioni, direttrice presso la Scuola di alti studi in scienze sociali (EHESS), e Jean-Louis Schlegel, sociologo delle religioni, ex-direttore della rivista Esprit.

I due interlocutori si trovano a ricamare sulla diagnosi che fa da molto tempo Danièle Hervieu-Léger, secondo cui si sarebbe prodotta una «esculturazione» del cattolicesimo: il legame tra la cultura cattolica e la cultura comune si sarebbe disfatto. La colpa del vecchiume cattolico: la Chiesa del Vaticano II, dopo aver aperto delle brecce per avvicinare il cattolicesimo al mondo contemporaneo, spaventata dalla propria audacia, s’è fermata lungo la strada. D. Hervieu-Léger e J.-L- Schlegel, pessimisti, ritengono che le riforme, a loro giudizio necessarie (tra le altre preti sposati, sacerdozio femminile), non avverranno mai e che in ogni caso sarebbe troppo tardi. Il cattolicesimo non sopravviverà, affermano, alla crisi interna, che ha visto crollare i suoi tre pilastri: il monopolio della verità, la copertura territoriale grazie alle parrocchie e la centralità del prete come figura sacra.

Secondo loro, la frattura tra i due cattolicesimi – che D. Hervieu-Léger chiama «una linea di scisma» – avviene tra due popolazioni cattoliche distinte, ma in movimento. La realtà sarebbe piuttosto quella della «diversità, pluralità, scissione». Il cattolicesimo conoscerebbe un fenomeno crescente di «diasporizzazione», ma non nella stessa logica delle diaspore giudea, armena, libanese, ecc., un fenomeno d’insediamento di piccole comunità in terre straniere. Qui le piccole comunità cattoliche sono divenute comunità di diaspora in loco, in una terra che è per così dire divenuta straniera sotto i loro stessi piedi. Dovranno gestire esse stesse le numerose tensioni interne, che le attraversano, e ciò potrebbe rappresentare una «possibilità» – ma qui le proiezioni degli autori divengono molto vaghe –, nella misura in cui tali comunità «diasporiche» dovessero reinventare una tradizione «estremamente creatrice». Gli organismi episcopali si accontenterebbero d’essere garanti di un «legame di comunione», abbastanza morbido, si suppone. In una parola, se comprendiamo bene, poiché la dinamica del Vaticano II, anche se resa propulsiva da Francesco (il quale viene ostacolato dalla «Curia», come si sa…), non ha avuto successo a livello istituzionale, lo avrà grazie all’implosione del cattolicesimo.

Salvo che… Salvo ch’essi, l’uno e l’altra, prestino molta attenzione alla nebulosa «conservatrice», per parlare come Yann Raison du Cleuziou (Qui sont les cathos aujourd’hui [Chi sono i cattolici oggi], Desclée de Brouwer, 2014), che, in una certa misura, resiste alla secolarizzazione interna del cattolicesimo. Concordano sul fatto che l’esistenza di questo «focolaio osservante» obbliga i sociologi della loro generazione a riaggiustare le proprie analisi. Ma, secondo loro, l’aspetto più vistoso della resistenza opposta da questo conservatorismo [ed il più esasperante per i fautori dell’offensiva di Traditionis custodes], cioè la «tradizionalizzazione» continua del reclutamento sacerdotale – il clero di tipo tradizionalista o della Comunità di San Martino rappresenterà tra il 20 ed il 40% del clero francese nel 2050 – non cambia praticamente nulla, poiché rappresenta un’infusione clericale infima. Infima, come ben si vede, ma relativamente, risultando lo stesso cattolicesimo malato a livello sociale, come gli stessi autori insistono a dire.

Don Pio Pace