28/10/2020

C’è un caso Becciu?

Par Don Pio Pace

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La spettacolare caduta del card. Giovanni Angelo Becciu, negli ultimi giorni del mese di settembre, avrà alquanto agitato la Roma bergogliana. Conviene tuttavia contestualizzare il caso, a costo di relativizzarlo.
Giovanni Angelo Becciu ha compiuto tutta la sua carriera nella diplomazia vaticana a partire dal 1984. Mentre era nunzio a Cuba, è stato nominato nel 2011 da Benedetto XVI Sostituto per gli Affari Generali nella Segreteria di Stato, vale a dire la prima figura dopo il Segretario di Stato. È stato poi confermato da papa Francesco, quando il Segretario di Stato Bertone è stato sostituito da Pietro Parolin.
Una delle caratteristiche del metodo di governo di papa Francesco, secondo una vecchia abitudine maturata a Buenos Aires, è quella di porre i suoi collaboratori gli uni contro gli altri. Ha così accettato che Pietro Parolin ed Angelo Becciu silurassero la riforma finanziaria attuata dal card. Pell: essi hanno sottratto la Segreteria di Stato, e specificamente quanto di competenza della gestione finanziaria di Angelo Becciu, dal controllo delle entità finanziarie vaticane, ordinato nel giugno 2016 dal card. Pell. Poi il papa ha lasciato che allontanassero il card. Pell, molto competente ma scomodo, dal Segretariato per l’Economia, senza alzare nemmeno il dito mignolo.
Allo stesso modo sono state sospese le funzioni effettive del card. Burke, cardinal patrono dell’Ordine di Malta, quando si è posto mano al caso, che ha investito l’Ordine stesso: mons. Becciu è stato nominato delegato speciale del papa per guidare l’Ordine al posto del Gran Maestro. Il tutto, questa volta, senza che Parolin abbia avuto voce in capitolo.
Si era nell’aprile 2017: Angelo Becciu godeva all’epoca dei massimi favori. Ma nel 2018 giunse quella che, per lui, poteva sembrare una rimozione dorata, ottenuta dal card. Parolin: mons. Becciu è stato fatto cardinale, poi nominato Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Pietro Parolin lo ha fatto rimpiazzare, come Sostituto per gli Affari Generali, da un prelato venezuelano, Edgar Peña Parra.
Nel medesimo tempo, però, crescevano in seno al sistema di governo pontificio le critiche circa i metodi di Angelo Becciu: nel 2012 l’Istituto per le Opere Religiose (IOR), la «banca del Vaticano», era stato invitato senza spiegazioni dagli uffici di mons. Becciu a venire in aiuto di una transazione complessa e tale da apparire rischiosa, facendo un versamento da 150 milioni di euro per definire l’acquisto di un immobile da 17.000 metri quadri nel quartiere londinese, estremamente chic, di Chelsea.
Il primo ottobre 2019 la Gendarmeria pontificia ha compiuto un’irruzione per sequestrare computer e documenti confidenziali nei locali della sezione Affari Generali della Segreteria di Stato (ed in quelli dell’AIF, l’Autorità per le Informazioni Finanziarie, organismo indipendente incaricato della lotta al riciclaggio!). Qualche prelato liquidabile è saltato, tra cui mons. Mauro Carlino, che era stato il braccio destro del card. Becciu.
È giunto quindi l’atto finale, tipico anch’esso del governo bergogliano sin dal periodo argentino, quando le esecuzioni spettacolari mantennero un clima di paura considerato salutare: il 24 settembre 2020 papa Francesco, al termine di un burrascoso colloquio da una parte e dall’altra, «ha accettato le dimissioni» del card. Becciu dalle sue funzioni di Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi e lo informava ch’era stato privato di «tutti i diritti legati al cardinalato». E La Repubblica ha subito salutato il coraggio del papa, che non ha avuto paura di far pulizia ai massimi livelli, nonostante gli ostacoli posti da una Curia, che si opponeva alle riforme. Questo è chiaramente il messaggio, che si voleva lanciare: «Cacciandolo via, scrive Jean-Marie Guénois su Le Figaro del 25 settembre 2020, citando fonti vaticane molto informate, il papa ha lanciato un “segnale spettacolare” della pulizia, che sta attualmente conducendo contro la corruzione finanziaria in Vaticano “con lo stesso vigore proprio della sua battaglia per la trasparenza contro i casi di pedofilia”».
Al momento del siluramento, essendo proseguita l’inchiesta, i media di sinistra, L’Espresso e La Repubblica, avevano in stampa articoli, che riferivano di sospetti arricchimenti familiari. Becciu, il giorno dopo le proprie dimissioni, ha negato qualsivoglia malversazione: ammettendo d’aver inviato 100 mila euro alla Caritas diretta da suo fratello nella diocesi d’origine, Ozieri, ha affermato ch’essi sarebbero stati utilizzati correttamente. Di sicuro per «far fruttare» il denaro della Santa Sede, non ha mai esitato ad utilizzare meccanismi e circuiti finanziari complessi, coinvolgenti uomini d’affari a lui vicini.
Perché, in definitiva, bisogna capire che questa vicenda, un semplice episodio sullo sfondo, benché particolarmente spettacolare, nello svolgersi abituale di una modalità di governo estremamente caratterizzata, avviene in un contesto di inquietudini crescenti circa il futuro finanziario della Santa Sede, privata in particolare delle risorse statunitensi (per non parlare di quelle, sostanziose, provenienti dai musei vaticani, divenuti deserti a causa della crisi sanitaria).

Pio Pace