27/02/2020

La Chiesa non è nata nel 1965…

Par Don Pio Pace

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La pubblicazione di Dal profondo dei nostri cuori, in cui Benedetto XVI appare come coautore, è in effetti un atto dal significato istituzionale, cosa chiara sin da subito a tutti i progressisti cattolici e ai commentatori esterni. La richiesta del cardinale Sarah (« Supplico Papa Francesco di proteggerci definitivamente da tale eventualità ponendo il veto a qualsiasi indebolimento della legge del celibato sacerdotale, anche se limitato all’una o all’altra regione »), si pone di fatto come una richiesta di Benedetto XVI.

Nel 2013, al momento della sua rinuncia, Benedetto XVI aveva solennemente dichiarato che non sarebbe « intervenuto » nel pontificato del suo successore. Si era poi ritirato all’interno dello stesso Stato Vaticano, conservando la tonaca bianca dei papi e concedendosi il titolo di « papa emerito » con l’appellativo di « Santità ». Una tale scelta, in effetti, poteva rendere difficile il suo proposito di rimanere in silenzio.

Tutto questo è divenuto evidente quando, nel 2017, il Papa emerito ha pubblicato una prefazione per l’edizione russa della sua opera Teologia della liturgia, nella quale si è espresso contro la dimenticanza della priorità di Dio nella liturgia, e poi quando, nell’aprile 2019, ha pubblicato una lunga analisi sulla crisi della pedofilia. D’altra parte, era fatto noto che Benedetto esprimesse abitualmente le proprie preoccupazioni ai suoi visitatori, in particolare durante la brutale trasformazione del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi matrimonio e famiglia.

Il 20 maggio 2016, il vescovo Gänswein, prefetto della Casa Pontificia e segretario del Papa emerito, in un convegno presso l’Università Gregoriana, ha parlato di espansione del ministero petrino: “Dall’elezione del suo successore, Papa Francesco – il 13 marzo 2013 – non ci sono due Papi, ma di fatto un ministero allargato con un membro attivo e uno contemplativo”. Se vogliamo, due forme di un unico papa, una ordinaria e l’altra straordinaria…

Così l’intervento di Benedetto XVI al fianco del cardinale Sarah assume un peso particolare. Con tutto il rispetto del caso, egli pone dei limiti all’insegnamento pontificio del suo successore. In una prospettiva del futuro a medio termine, cioè in quello del futuro conclave, questo non può che apparire come un tentativo di ostacolare una linea di trasformazione liberale della Chiesa.

È senz’altro possibile relativizzare il significato della posizione assunta dal Papa emerito, rilevando che essa interviene in un contesto del dibattito circoscritto dal postconcilio. Da mezzo secolo si oppongono infatti due interpretazioni del Vaticano II, descritte dallo stesso Benedetto XVI nel suo discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005 come « ermeneutica del rinnovamento nella continuità », che intende moderarlo, e « ermeneutica della discontinuità e della rottura », che al contrario intende accelerarlo. I documenti pontifici invocati da Dal profondo dei nostri cuori a favore del celibato sacerdotale sono quelli di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ma potremmo invocare l’enciclica Ad Catholici Sacerdotii di Pio XI del 20 dicembre 1935, l’enciclica Sacra Virginitas di Pio XII del 25 marzo 1954, e molti papi e concili. Perché è più che mai necessario (ricordare) che la Chiesa non sia iniziata nel 1965. 

Tanto più che il periodo conciliare è stato quello di un enorme tumulto per il cattolicesimo. Nel suo discorso dell’aprile 2019 sulla crisi della  pedofilia, Benedetto XVI ha messo sotto accusa il profondo sconvolgimento sociale che il maggio 68 aveva rappresentato con la sua  » totale libertà sessuale, una libertà che non concedeva più alcuna norma”. Non sarebbe opportuno esaminare – nel senso di fare un vero e proprio esame di coscienza – lo sconvolgimento del dogma e della morale che fu la conseguenza concreta del Vaticano II, considerato come evento globale, a partire dalla sua conclisione nel dicembre del 1965? Poiché la messa in discussione teorica e pratica – gli abbandoni del sacerdozio sono stati e sono anche oggi una catastrofica emorragia – del celibato sacerdotale è storicamente cominciata alla fine di quel Concilio. Questo è indiscutibile. Come osserva Guillaume Cuchet nel suo libro Comment notre monde a cessé d’être chrétien, Seuil, 2018 (Come il nostro mondo ha smesso di essere cristiano), i testi del Vaticano II sono stati, secondo lui, erroneamente intesi come un invito alla libertà dei cattolici dalla loro istituzione. 

A lungo termine, non possiamo quindi evitare di riconsiderare radicalmente l’aggiornamento che si è concretamente presentato come una versione nuova completa del cattolicesimo liberale, che ha cercato di adattare il cattolicesimo alla società moderna, la cui caratteristica fondativa è l’emarginazione e poi l’annientamento della religione di Cristo. E dei i suoi sacerdoti.