01/01/2021

Liturgia: sempre meno rito

Par Don Pio Pace

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La liturgia cattolica, 50 anni dopo la riforma, è come se fosse a libera disposizione di tutti e di ciascuno dei suoi attori. E continua a polverizzarsi. Il rito ha assunto nella cultura contemporanea una «nuova autonomia», cambiando di significato in una «discontinuità culturale», nota Andrea Grillo, professore presso l’Istituto Sant’Anselmo di Roma, il cui lavoro viene studiato da Claude Barthe nell’editoriale di questo numero: «Il termine ritus assume un altro significato quando viene utilizzato nel Ritus servandus del messale post-tridentino e nelle Prænotanda elaborate a partire dal concilio Vaticano II»[1].

Una delle maggiori caratteristiche della liturgia del Vaticano II era stata, in effetti, l’adozione di una forma rituale informe[2]. L’importanza delle modifiche apportate ai riti precedenti, di cui l’effetto innovatore venne amplificato da una sovrabbondanza di scelte possibili lasciate al celebrante, e dall’assenza di regole precise nei gesti, negli atteggiamenti e spesso nelle parole, ha fatto esplodere il rito romano. Oggi il culto è spesso diventato di una tale banalità, che sembra scoraggiare ulteriori «progressi». Non è così. Vi sono ancora possibilità di deritualizzazione, di cui si potrebbero fornire innumerevoli esempi. Non è più tempo di una riforma brutale, bensì di un gentile non-importa-cosa, concernente comunque la preghiera ufficiale e pubblica della Chiesa.

Per la Francia si potrebbe parlare di «messe da circo», che in origine si rivolgevano ad un pubblico infantile e venivano celebrate sotto un tendone, l’altare era sistemato sulla pista circense e circondato da artisti, compresi i clown, che potevano esibirsi eventualmente con dei numeri per far da cornice alla celebrazione. Ma oggi queste «messe da circo», preferibilmente celebrate a Natale, riuniscono pubblici più ampi sotto il tendone (il circo Gruss si è specializzato in questo),  riducendo l’originalità ad un decoro e ad un’atmosfera circense per una «messa in pista».

In Germania, Martin Stuflesser, in un articolo pubblicato da Recherches de Science religieuse, «Riforma liturgica e chiesa locale: tra regole e libertà»[3], commentava un’inchiesta del 2013 sullo stato della liturgia. Ne risultava che i nuovi libri liturgici vengono considerati come indicativi, come degli «aiuti importanti per orientarsi» (Sarah Kubin).

Ad esempio, la lavanda dei piedi prevista per il Giovedì Santo, viene interpretata come un segno del mutuo servizio che deve rendere la comunità: i rappresentanti dei diversi gruppi parrocchiali si lavano i piedi gli uni gli altri; o ancora il Mandatum viene rimpiazzato dalla distribuzione, nel corso della cerimonia, dei servizi caritativi dell’anno.

In Francia si può citare «la messa che si prende il proprio tempo», detta MT. Si tratta di una celebrazione dell’Eucaristia, che si articola in un lungo periodo di tempo, a volte lungo un’intera giornata, nel corso della quale vengono predisposti dei tempi per la preghiera personale o collettiva, scambi, dibattiti ed anche in certi casi delle interruzioni per i pasti e per il riposo.

Organizzate dai gesuiti a Nancy, Bordeaux, Strasburgo, Tolosa, Parigi (Sant’Ignazio), ecc., queste liturgie incorporano forme contemporanee di lectio divina: meditazione della Parola di Dio, condivisione in gruppi, che proseguiranno in seguito tramite WhatsApp, Zoom, Skype, canti, musica strumentale, dibattiti e, «nella festa dopo la messa qualche patatina e un piccolo drink».

Non sono dimostrazioni di progressismo sfrenato, ma semplicemente una sorta di ritrovi spirituali, la domenica sera, alla fine del week-end, da parte di un pubblico giovane catto-borghese, alquanto differente da quello, borghese anch’esso ma catto-identitario, da cui provengono le vocazioni d’oggi. «La Messa che si prende il proprio tempo è come una serata da un amico. Tu arrivi come sei, lasci il tuo cappotto e dici buongiorno a chi hai vicino, studenti o giovani professionisti».

In tutto questo, nulla in sé di tanto terribile, però una sovversione di ciò che resta del rito.

Pio Pace


[1] « La tradition liturgique dans le monde postmoderne » [La tradizione liturgica nel mondo postmoderno], Recherches de Science religieuse, gennaio-marzo 2013, pp. 87-100.

[2] Claude Barthe in La messe de Vatican II. Dossier historique [La messa del Vaticano II. Dossier storico], Via Romana, 2018.

[3] Loc. cit., gennaio-marzo 2013, pp. 37-52.