Un catechismo, che insegni il contenuto della fede!
Un’autentica riforma della Chiesa passerà necessariamente attraverso uno sforzo considerevole per ripristinare l’insegnamento del catechismo cattolico, non soltanto ai bambini ed ai nuovi battezzati o anche a «chi ricominci», a chi cioè riallacci il proprio legame con la Chiesa, ma pure all’insieme dei fedeli, la cui ignoranza dei rudimenti della dottrina cristiana è spesso abissale.
In Paesi come la Francia il catechismo ha per molto tempo riguardato la quasi totalità della popolazione, anche non praticante, l’80% dei ragazzi seguiva i corsi: la conclusione degli anni di catechismo consisteva nella solenne cerimonia della Comunione (professione di fede) all’età di 11-12 anni, ciò che praticamente tutte le famiglie ritenevano proprio dovere festeggiare, qualunque fosse il loro grado di Cattolicesimo. Così il catechismo era «l’opera per eccellenza», secondo il vescovo Dupanloup, un’opera missionaria continua. Sebbene i figli dei genitori non praticanti smettessero essi stessi di praticare dopo tale cerimonia, tutti loro avevano ricevuto un’istruzione, che rendeva a ciascuno familiare la religione.
Il buco nero del post-Concilio
In Francia, nel 1965 il grande strappo nella pratica domenicale, a dar retta a Guillaume Cuchet in Comment notre monde a cessé d’être chrétien [Come il nostro mondo ha smesso di essere cristiano], che noi abbiamo più volte richiamato[1], si è manifestato per il fatto, riportato dal canonico Boulard, che una buona parte dei giovani tra i 15 ed i 24 anni, figli di cattolici praticanti, abbiano smesso di praticare. La flessione nel numero di ragazzi catechizzati però ha impiegato un po’ più tempo, per essere percepita. Essa è dipesa dal fatto che i genitori non praticanti abbiano smesso di mandare i propri figli a catechismo, in parte scoraggiati dagli stessi sacerdoti, che denunciavano l’«ipocrisia» di Comunioni solenni immediatamente seguite dall’abbandono della pratica. Poi, col ridursi via via del numero dei praticanti, fino ad arrivare oggi a meno del 2% della popolazione, s’è ridotto di conseguenza anche il numero dei catechizzati ed ancor più rapidamente, in quanto la maggioranza di coloro che continuano a praticare è ormai composto da nonni.
Nel 1982, il 54% dei ragazzi tra gli 11 ed i 12 anni era ancora iscritto a catechismo. Oggi, peraltro, gran parte dei genitori, che chiedono ancora un’istruzione catechistica per i propri figli, li ritira generalmente dopo la prima Comunione (8-10 anni). Se nel 1982, il 60% dei bambini cattolici tra gli 8 e gli 11 anni era ancora iscritto al catechismo, nel 2016/2017, non era che il 16%. Tutte le testimonianze, urbane e rurali, concordano: mai il numero dei catechizzati è stato tanto basso. Oltre tutto, la frequenza ai corsi da parte dei bambini iscritti è episodica e s’accompagna spesso ad una presenza alla messa domenicale ancor più episodica. Non produce che un bagaglio di conoscenze così debole che, in molti casi, i ragazzi «catechizzati» non conoscono nemmeno le preghiere elementari.
Ma il grande fallimento nella catechesi è stato anche relativo ai contenuti. È iniziato all’epoca dell’emblematico Catechismo olandese del 1966. La cornice di «rinnovamento», alla fine degli Anni Settanta, ha aggravato la crisi con la stesura di percorsi (il più famoso tra questi è Pierre vivantes del 1981[2]). Poiché le stesse cause producono i medesimi effetti, il risultato è stato per analogia simile a quello ottenuto col nuovo insegnamento della storia e delle materie letterarie nei licei e nelle scuole secondarie: ovvero l’instillazione di false idee forse, ma soprattutto del nulla culturale! In questo caso però si trattava del contenuto del Credo…
Non bisogna del resto pensare che i manuali, rimpiazzati al tempo, fossero di un’altra epoca: un grosso sforzo era stato fatto (non senza qualche deriva precorritrice, è vero[3]) per variare la loro presentazione, aggiungere nozioni di liturgia e conoscenze dirette della Sacra Scrittura e soprattutto aiutare il lavoro dei sacerdoti-catechisti con tutta una serie di schede e guide pedagogiche[4].
Ma i nuovi strumenti, messi in campo dopo il Concilio, hanno seguito la tendenza generale di riforma della pedagogia: sessioni ludiche disseminate di «dialoghi» tra catechisti e bambini, concluse con «liturgie» divenute luogo privilegiato d’inventiva estrema, essendo quasi il 90% dei catechisti ormai reclutati tra laici, le cui conoscenze elementari lasciavano più che a desiderare o addirittura erano talvolta deformate da sessioni davvero poco impegnative dal punto di vista dell’ortodossia. Il risultato tuttavia non è stato tanto l’eterodossia – a parte il fatto che i dogmi «duri» come il peccato originale, l’inferno, erano finiti nel dimenticatoio – quanto un vuoto di conoscenze.
Ancora oggi, il sito de La Chiesa cattolica in Francia spiega mellifluamente: «Al catechismo, i mezzi più diversificati vengono utilizzati per far conoscere Gesù ai bambini. Un giorno, studiano un testo del Vangelo e lo illustrano essi stessi. Un altro giorno, guardano un montaggio audiovisivo (un video, un dvd), mimano un episodio della Bibbia, la scoprono attraverso il gioco, incontrano altri credenti, ascoltano la vita di un Santo. O ancora partecipano ad una celebrazione e pregano insieme. Il catechista li accompagna nelle loro scoperte, li ascolta, avvia il dibattito, risponde alle domande, li invita a pregare».
Senza dubbio, v’è un compiacimento maligno nell’esibire sui media l’ignoranza religiosa dei cattolici: vien da credere che solo gli incaricati degli istituti di sondaggio consultino ancora il catechismo, per dimostrare con le proprie domande che i cattolici interrogati non conoscono né lo stesso catechismo, né il Credo: in effetti, solo la metà delle persone intervistate, che si dicono cattoliche, credono che Gesù Cristo sia il Figlio di Dio! Saint-Simon si divertiva nelle sue Memorie a narrare di una gran dama, che pensava che Dio «guardasse due volte» prima di condannare una persona di valore durante il giudizio particolare. Quanti cattolici oggi sanno cosa sia il «giudizio particolare» – questo per la competenza – e ammettono la possibilità di una condanna eterna – questo per la fede.
Si è aperto un buco nero di due, presto tre generazioni non catechizzate, in Francia specialmente, se non nella forma di attività ricreative e di graziosi découpage, organizzati da signore piene di buona volontà ma incompetenti, appoggiandosi a percorsi nella migliore delle ipotesi totalmente insipidi. «Ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve, che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini» (Mt. 5, 13). In effetti, è tutta la religione ad essere calpestata socialmente.
Constatare l’assenza di trasmissione delle questioni religiose si sovrappone ad un’altra constatazione, che nella Chiesa francese supera ogni altra preoccupazione ed alimenta qualsiasi forma di inquietudine: sta diventando una Chiesa senza preti e quindi una Chiesa, tra l’altro, priva di coloro che sono normalmente designati ad insegnare la dottrina cristiana.
Il tentativo di «ritorno» negli anni della restaurazione
Un doppio evento, già molto lontano nel tempo, ha segnato l’inizio di un tentativo di «ritorno» catechistico. Nel 1983 il cardinale Ratzinger ha ripetuto a Notre-Dame di Fourvière e a Notre-Dame di Parigi, il 15 e 16 gennaio, una conferenza, in cui ha affermato che il genere letterario del catechismo, con la sua sintesi fondata sul commento al Credo, ai Sacramenti, ai Comandamenti ed al Pater (ovvero lo schema del Catechismo del Concilio di Trento e del Catechismo di san Pio X), non era superato. «È stato un primo e grave errore – ha detto – sopprimere il catechismo e dichiararlo “obsoleto” come genere. […] Cosa c’è dietro questa decisione sbagliata, affrettata ed universale? Le ragioni sono varie e fino ad oggi poco esaminate. Essa è certamente da porre in rapporto all’evoluzione generale dell’insegnamento e della pedagogia, caratterizzatasi a sua volta con un’ipertrofia del metodo rispetto al contenuto delle varie discipline». È evidente come questo assorbimento del contenuto ad opera della pedagogia resti ancora il difetto maggiore, anche nelle parrocchie d’impostazione classica.
Si è dovuto tuttavia attendere il 1985, perché, al termine di un’assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi – assemblea scossa dalle turbolenze provocata dall’Intervista sulla fede dello stesso cardinale Ratzinger, appena pubblicata -, si decidesse d’iniziare a lavorare ad un catechismo universale[5], il Catechismo della Chiesa cattolica (CCC). Un anno prima della sua pubblicazione, nel 1991, i vescovi francesi, spronati da qualche mosca restauratrice, avevano pubblicato anch’essi un Catechismo per adulti[6], dimenticato (va detto che il settimanale La Vie aveva parlato di «modello catechistico pericoloso» e di «monumento funebre» del movimento catechistico francese!). Era di qualità ben superiore a quelli contemporaneamente elaborati dai vescovi tedeschi e dai vescovi belgi, con il suo impianto complessivamente classico: vi si parlava dell’esistenza degli angeli e dei demoni, del peccato originale come peccato d’origine, della verginità eterna di Maria anche nel parto, dell’autenticità dei miracoli di Cristo, della continuità tra il Suo corpo mortale ed il Suo corpo glorioso, della resurrezione come fatto storico ed oggetto di fede, dell’espiazione sofferente del sacrificio di Cristo, che ha valore riparatorio, dei Sacramenti, segni sensibili ed efficaci dell’azione di Cristo e da Lui istituiti, dell’Eucaristia, sacrificio d’espiazione e di propiziazione per i peccati, del divieto per i divorziati «risposati» di accedere alla Comunione sacramentale.
Tuttavia, si son dovuti attendere trent’anni dopo l’apertura del Concilio perché tali pubblicazioni divenissero nuovamente possibili! Ancora non erano che catechismi per adulti o per formatori, che non hanno quasi mai prodotto manuali per bambini. Un Compendio, versione abbreviata del CCC, è stato pubblicato nel 2005. Alcuni punti del CCC hanno sollevato problemi, gli stessi dei testi del Concilio: il Catechismo della Chiesa cattolica riprendeva i punti discussi del Vaticano II, ecumenismo, libertà religiosa, certo inquadrandoli il più possibile in quel modo che Benedetto XVI ha chiamato «l’ermeneutica del progresso nella continuità».
Tentativi per certi versi lodevoli, benché rivelatisi alla fine insufficienti, sono stati a lungo sostenuti dagli sforzi ratzingeriani. Nella diocesi di Parigi, il cardinal Lustiger, il cui episcopato è durato 24 anni (1981-2005), corrispondenti più o meno al regno di Giovanni Paolo II (1978-2005), voleva, come ha detto, «fischiare la fine della ricreazione», senza però tornare ai cammini tradizionali. In questo ambito ha incoraggiato una pubblicazione sistematica di nuovi manuali per tutte le età e per tutti i livelli, con strumenti quali: Per crescere nella fede[7], Conoscere la fede cattolica[8], ecc.
Reintegrare nelle parrocchie ordinarie il catechismo uscito dalle mura
Ma questi tentativi sono stati chiaramente insufficienti. La conservazione della catechesi tradizionale era avvenuta fuori dai circuiti ufficiali. Ciò vale tanto per l’insegnamento del catechismo tradizionale quanto per la celebrazione della Messa preconciliare. Bisogna notare che in Francia, come nella maggior parte dei Paesi europei, la trasmissione della fede rimasta è avvenuta per molto tempo attraverso canali periferici ed al prezzo, per alcuni genitori, di un vero e proprio percorso ad ostacoli per assicurare ai figli un catechismo cattolico.
Il catechismo in famiglia e nei gruppi familiari s’è sviluppato servendosi di riedizioni selvagge del Catechismo delle diocesi francesi del 1947 e del vecchio Miche de Pain [Il pezzo di pane] del 1935.
Coperta dalla reazione rappresentata dal Catechismo della Chiesa cattolica, la resistenza contro la linea generale post-conciliare s’è consolidata a partire dagli Anni Novanta. Pierre Lemaire, direttore delle edizioni Téqui, ha peraltro messo in circolazione nel 1993 un voluminoso Libro Bianco, che raccoglieva numerosi documenti e specialmente la corrispondenza con i vescovi francesi circa la loro grave responsabilità nell’immenso fallimento dell’insegnamento dei rudimenti della fede ai bambini francesi. Il vescovo di Gap, mons. Lagrange, ha avuto il coraggio di pubblicare una sintesi chiara e pedagogica della fede cristiana: Je crois[9] [Io credo]. Ma soprattutto gli strumenti tradizionali hanno continuato ad essere editi o rinnovati al di fuori dei circuiti ufficiali: si può notare, tra gli altri, la prosecuzione ininterrotta delle pubblicazioni da parte delle edizioni Téqui, le edizioni della Fraternità San Pietro (Les trois blancheurs [I tre candori], in quattro cicli), gli strumenti messi a disposizione da Transmettre [Trasmettere], le riedizioni in Italia del Catechismo di san Pio X per le quali la rivista Trenta Giorni del movimento di Comunione e Liberazione ha promosso una campagna attiva[10].
Così tutta una rete di catechismi tradizionali si basa oggi sul dedalo di liturgie tradizionali o di liturgie «ri-tradizionalizzate», in luoghi non parrocchiali, in numerose scuole cattoliche fuori contratto e talvolta anche nelle scuole cattoliche paritarie e nelle parrocchie.
Senza voler spingere i Dicasteri romani a commettere un crimine – o un crimine supplementare -, si può notare come uno dei punti deboli dell’offensiva di Traditionis custodes sia stato quello, attaccando la liturgia tradizionale e negandole la qualità sua propria di «lex orandi», d’omettere di attaccare uno dei veicoli privilegiati della «lex credendi», i catechismi tradizionali…
Per una vera riforma, così come s’impone l’uso della liturgia tradizionale, spina dorsale della restaurazione della liturgia romana, s’imporrà anche il reintegro, opportunamente preparato dal punto di vista pedagogico, del catechismo tradizionale. Così l’insegnamento della fede, relegato alla periferia, tornerà al centro.
Don Claude Barthe
[1] Seuil, 2018.
[2] Pierre vivantes. Recueil catholique de documents privilégiés de la foi [Rocce viventi. Raccolta cattolica di documenti privilegiati della fede] (Éditeur Catéchèse 80, 1981). Pierre vivantes doveva essere un insieme di documenti con cui dovevano essere utilizzati gli altri «percorsi», il tutto conformemente ad un Testo di riferimento votato dai vescovi francesi, durante la loro assemblea del 1979. La raccolta Pierre vivantes è stata rimaneggiata nel 1985, poi nel 1994.
[3] Il canonico Joseph Colomb, direttore nazionale del Centro Nazionale per l’Insegnamento Religioso, era stato dimesso a seguito dell’intervento del Sant’Uffizio, nel 1957.
[4] E questo da molto tempo, fin dai celebri volumi del Canonico Quinet: Carnet de préparation d’un catéchiste [Taccuino di preparazione di un catechista], Spes, 1928, o ancora il Catechismo biblico (Cerf, 1958), tradotto dal tedesco.
[5] L’idea era nell’aria, all’epoca. Il progetto, che sarebbe propriamente diventato la grande opera del cardinale Ratzinger, era stato anticipato dal cardinale Silvio Oddi, prefetto della Congregazione per il Clero, che aveva presentato all’assemblea del Sinodo il catechismo d’impostazione molto classica, ch’egli aveva fatto realizzare.
[6] Catéchisme pour adultes. L’Alliance de Dieu avec les hommes [Catechismo per adulti. L’Alleanza di Dio con gli uomini], Centurion, Cerf, Desclée, ecc., 1991.
[7] Le Sénevé/Cerp, 2000.
[8] Le Sénevé/Cerp, 2000, con una prefazione del cardinale Lustiger.
[9] Paroi-Services, 1998.
[10] In un’intervista rilasciata a Trenta Giorni nell’aprile 2003, il cardinale Ratzinger disse, a proposito di questo catechismo, parole, che ritroveremo a proposito della messa tridentina in occasione del Summorum Pontificum: «La fede come tale è sempre identica. Quindi anche il Catechismo di san Pio X conserva sempre il suo valore». Ha aggiunto tuttavia: «Può cambiare invece il modo di trasmettere i contenuti della fede», ciò che è incontestabile, ma che gli permetteva di giustificare il nuovo Compendio.