01/04/2021

Una Curia da combattimento
nello spirito del Vaticano II

Par Don Pio Pace

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Se consideriamo l’intera storia del post-Concilio, possiamo constatare, come nelle democrazie, un’alternanza tra periodi di riposizionamento al centro (sotto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) ed altri di dominazione liberale (sotto Paolo VI per la maggior parte degli episcopati ed, oggi, a Roma stessa). A proposito del pontificato attuale, si potrebbe parlare di una sorta di dispotismo illuminato, che impone all’istituzione ecclesiastica, in modo paradossalmente centralista, una «sinodalità» – vale a dire l’interpretazione più liberale possibile del Vaticano II –.

Si assiste quindi oggi ad un’accelerazione di tale processo. Francesco sa di avere il tempo contato e coloro che sposano la sua linea intendono farla durare oltre il prossimo conclave. Si possono enumerare gli atti compiuti in tale direzione, atti che si susseguono con buona frequenza e che potrebbero forse esser stati integrati con altri al momento della pubblicazione di queste righe.

Il personale incaricato della morale coniugale era già stato rinnovato (il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita affidato a Kevin Farrell; la destituzione di mons. Melina, presidente dell’Istituto Giovanni Paolo II; la nomina di mons. Paglia a presidente dell’Accademia Pontificia per la Vita e Gran Cancelliere dell’Istituto Giovanni Paolo II). Infine, è stata annunciata per settembre la nomina alla testa dell’Istituto Giovanni Paolo II di mons. Philippe Bordeyne, 61 anni, fino ad allora rettore dell’Istituto cattolico di Parigi, il più fervente tra i promotori di Amoris lætitia[1].

L’arciprete della Basilica di San Pietro, il cardinal Comastri, un uomo classico, avendo raggiunto gli 80 anni, dopo aver subito l’umiliazione di vedere l’amministrazione della Basilica sottoposta ad un commissario, è stato rimpiazzato il 20 febbraio scorso dal cardinale Mauro Gambetti, 55 anni, un francescano tra i più progressisti. Questa nomina è stata seguita il 12 marzo da un provvedimento liturgico drastico: mons. Peña, Sostituto del Segretario di Stato, ha deciso che le celebrazioni individuali della Messa sarebbero state da quel momento in poi escluse dalla Basilica vaticana, ove si sarebbero svolte solo concelebrazioni, ciò in spregio al diritto (canone 902).

Il 20 febbraio sono state accettate le dimissioni dell’ultraratzingeriano cardinal Sarah dal suo incarico di Prefetto della Congregazione per il Culto divino. E, prima della nomina del suo successore, la gestione della sua Congregazione è stata sottoposta, come quella del cardinal Comastri, ad una strana visita canonica di tre giorni (il commissario è stato mons. Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta e presidente della Commissione liturgica della Conferenza episcopale italiana). Concretamente, ciò sembra escludere Maniago dalla successione al cardinal Sarah. Lo scopo dell’operazione è stato quello di valutare le carenze conciliari di una Congregazione, che fu a lungo un bastione ratzingeriano (prefetti Medina, Arinze, Cañizares, Sarah) e che aveva il diritto di tornare ad essere un motore della liturgia del Vaticano II.

Mons. Vittorio Francesco Viola, 55 anni, francescano come Gambetti, vescovo di Tortona, che si ritiene l’erede di Annibale Bugnini, coordinatore della riforma liturgica, di cui porta piamente l’anello episcopale, potrebbe sostituire il cardinal Sarah. A meno che il Segretario attuale, Arthur Roche, inglese di 71 anni, anche lui buon bugniniano, non divenga Prefetto e che Vittorio Viola non sia nominato Segretario.

Questa “messa a norma” della Curia proseguirà anche con le nomine a capo di varie altre congregazioni: quella per i Vescovi, per sostituire il cardinal Ouellet (76 anni) e quella per il Clero, per nominare un prelato dello stesso ambito dell’influentissimo cardinal Stella (80 anni in agosto).

Il cardinal Blase Joseph Cupich, arcivescovo di Chicago, 71 anni, potrebbe assumere la responsabilità della Congregazione per i Vescovi e curare in particolar modo il rinnovamento dell’episcopato americano, a meno che non sia mons. Robert Francis Prevost, religioso agostiniano, 65 anni, nato negli Stati Uniti, vescovo di Chiclayo in Perù, e che Cupich non sia posto a capo del Clero nel prossimo agosto. Qualche tempo fa si era parlato anche del cardinal Angelo de Donatis, vicario del papa per la diocesi di Roma.

Vedremo presto uscire la costituzione apostolica per la riforma della Curia, Prædicate Evangelium, in cantiere da più di dieci anni? Bisogna aspettarsi decisioni spettacolari senza grandi effetti (posizionandosi il Dicastero per l’Evangelizzazione, diretto dal cardinal Tagle, in testa agli organismi di Curia, davanti alla Congregazione per la Dottrina della Fede). Verrà evidenziato il ruolo di supervisione del rinnovamento liturgico affidato alla Congregazione per il Culto divino. Ma vi saranno anche piccoli cambiamenti gravidi di conseguenze conciliari, come la probabile soppressione dell’ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha ereditato le competenze della Commissione Ecclesia Dei, essendo da allora il piccolo mondo Ecclesia Dei ridotto a «diritto comune».

In una parola, si sta allestendo una Curia da combattimento nello spirito del Vaticano II. Per governare una Chiesa esangue.

Pio Pace


[1] Si veda Thibaud Collin, Divorcés remariés Ce qui change avec François [Divorziati risposati Quel che cambia con Francesco] (Salvator, 2017).