Rivoluzione per la vita contemplativa
In occasione della recente Giornata della vita consacrata ossia lo scorso 2 febbraio, papa Francesco ha invitato i religiosi, che lo circondavano durante la messa in San Pietro, a «coltivare una visione rinnovata della vita consacrata», ad evitare la «ripetizione meccanica» delle opere o delle «forme del passato» ed a guardarsi dall’amarezza, che può solo trasformarsi in rigidità, è «una perversione, [sotto ogni rigidità] ci sono dei gravi problemi». Per far ciò, come il vecchio Simeone, che il vangelo del 2 febbraio presenta, bisogna, sotto l’azione dello Spirito Santo, vedere ed accogliere Gesù, «stringere Gesù nelle nostre braccia: questo è il segno, questo è il cammino, questa è la “ricetta” del rinnovamento».
Se, sul sito Vatican News, l’articolo in lingua francese che dà conto dell’evento e quello equivalente in lingua inglese pongono in primo piano il rinnovamento spirituale, il testo italiano riporta un titolo dal tono più grave: «la rigidità è una perversione, crisi e calo dei numeri invitano a rinnovarsi»; tuttavia i due temi non sono i più presenti dal punto di vista quantitativo, tutt’altro. Questo significa che il giornalista italiano era d’umore nero o era pessimista per temperamento? O, al contrario, ha colto con acutezza i tratti salienti del discorso pontificio, le sue preoccupazioni, i suoi attacchi? Siamo inclini a schierarci con la seconda opzione, alla luce delle recenti decisioni e dei recenti testi.
Dagli abusi contro i religiosi ad una vita religiosa abusiva
Lo stesso giorno, nel breve video di presentazione dell’intenzione di preghiera per il mese di febbraio 2022 – per le religiose e per le consacrate -, Francesco è ricorso ad un vocabolario decisionista e battagliero: «Le sfide del mondo [due volte]… difesa dei poveri, degli emarginati, di tutti coloro che sono ridotti in schiavitù dai trafficanti… Chiedo loro di lottare… coraggio…». Benché l’esortazione resti positiva e fiduciosa, una frase dal contenuto alquanto diverso ha saputo sorprendere: «Io li invito a battersi, quando talvolta vengono trattati ingiustamente, anche all’interno della Chiesa, quando il loro servizio, così nobile, viene ridotto a servitù; qualche volta anche da uomini di Chiesa». La citazione è sorprendente in sé, ma lo è anche per il parallelo che stabilisce con la schiavitù della povera gente ad opera di trafficanti di esseri umani.
Gli abusi qui denunciati riguardano più le persone consacrate che la vita consacrata in quanto tale. Ve ne sono altri, aveva affermato qualche settimana prima, che riguardano contemporaneamente le une e l’altra. È, in una forma più psicologica e insidiosa, il caso delle superiori delle congregazioni femminili. Ciò che si cela dietro il riferimento sibillino fatto da Francesco, in occasione di un discorso tenuto l’11 dicembre 2021 ai partecipanti all’Assemblea plenaria della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le società di vita apostolica, è un recente libro sull’argomento, Il velo del silenzio, raccolta di undici testimonianze di religiose o ex-religiose, accompagnate da testi introduttivi, riflessioni e proposte. Nella prefazione di quest’opera, Suor Nathalie Becquart, saveriana francese e, da poco, sottosegretaria della Segreteria generale del Sinodo sulla Sinodalità, si fa portavoce di una Chiesa sinodale nell’ambito delle congregazioni, unica soluzione per uscire da un clericalismo perverso e dal suo alter ego femminile: la Chiesa deve «discernere i mezzi per vivere questa dinamica di comunione, questo “noi” ecclesiale, che rispetta e integra la diversità dell’”io” singolare, questa accettazione e questa valorizzazione della diversità dei carismi, perché lo Spirito Santo parla a ciascuno e l’obbedienza nella Chiesa deve sempre essere un ascolto comunitario dello Spirito».
Un cambiamento profondo nella vita contemplativa femminile
Questo invito ad un discernimento, che apre una «dinamica di comunione», ha trovato negli ultimi anni una singolare e sconcertante attuazione nelle decisioni romane sulla vita consacrata ed, in particolare, sulla vita contemplativa femminile.
Nel 2016 Francesco aveva pubblicato la Costituzione apostolica Vultum Dei quaerere, che fu seguita nell’aprile 2018 dall’istruzione applicativa Cor orans della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata, approvata in forma specifica dal papa, ciò che ne assicura il tono giuridico imperativo (i testi anteriori trattanti il medesimo soggetto vengono abrogati). Vi si ritrova lo stesso vocabolario sinodale, vi viene incoraggiata la medesima dinamica, ma tutto questo non è che il rivestimento di misure molto autoritarie, tali da provocare un cambiamento profondo in tale forma di vita, spiega Padre Réginald-Marie Rivoire[1]. Il provvedimento, da cui scaturiscono tutti gli altri, è quello dell’obbligo per un monastero d’appartenere ad una federazione, alla quale ed alla presidente della quale vengono devoluti ampi poteri sulla formazione a tutti i livelli (da quello delle aspiranti a quello delle superiore, passando attraverso le formatrici), sull’eventuale decisione di porre sotto tutela (affiliazione) una comunità e addirittura sulla sua scomparsa forzata per assorbimento o fusione[2], nonché sulla spartizione dei beni e delle monache: «Le monache rischiano così di vedere disconosciuto il loro diritto fondamentale a seguire la loro propria forma di spiritualità. E i monasteri rischiano di perdere de facto, se non pure de iure, la propria autonomia, per fondersi in una massa anonima di macro-comunità, all’interno delle quali s’organizzano corsi di formazione, momenti di scambio e di condivisione, dibattiti, revisioni di vita periodiche, incontri di aggiornamento. Questi “eventi di comunione” renderanno necessario che le suore entrino ed escano, ponendole così in una situazione permanente d’instabilità psicologica e morale. Quale frutto quasi ineluttabile si avrà un livellamento verso il basso dell’osservanza regolare, nonché la perdita dello spirito di preghiera e di penitenza» (Rivoire, pag. 76).
Oltre «lo scoglio del centralismo burocratico» difficile da evitare (id.), è la vita contemplativa e claustrale in quanto tale ad esser forzosamente sviata da questa impossibilità a priori (salvo dispensa della Santa Sede) di un’autonomia spirituale ed a causa di una grave attenuazione della clausura, alle esigenze della quale adesso è ormai abbastanza facile derogare.
Peggiore – poiché ciò è possibile – l’ultima delle disposizioni finali di Cor orans, che fa rientrare l’insieme della vita contemplativa femminile sotto il regime dell’autoritarismo arbitrario, in quanto fa notare che la Congregazione avrà cura di chiedere l’approvazione del papa in forma specifica per tutti i provvedimenti particolari vale a dire senza possibilità di ricorso![3] La Congregazione, con questo abuso dello spirito del diritto canonico, si prende un potere discrezionale assoluto.
Diffidenza e centralismo romani
Questi colpi apportati alla vita contemplativa femminile non sono isolati. Un altro documento ha insita una logica identica: si tratta del motu proprio Authenticum charismatis, pubblicato il primo novembre 2020, con cui è stato modificato il canone 579, per il quale d’ora in poi si stabilisce che un vescovo diocesano non possa erigere un istituto di vita consacrata se prima l’autorizzazione non gli sia stata accordata per iscritto dalla Sede Apostolica.
Il documento si apre con una sorprendente dichiarazione di centralismo e di diffidenza: «”Un chiaro segno dell’autenticità di un carisma è la sua ecclesialità, la sua capacità d’integrarsi armoniosamente nella vita del popolo santo di Dio per il bene di tutti” (Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 130). I fedeli hanno il diritto d’essere avvertiti dai loro pastori circa l’autenticità dei carismi e l’affidabilità di coloro che si presentano come fondatori». Si potrebbe ricordare qui al suo autore ciò che la natura carismatica della vita consacrata implica in termini di primo rapporto con la gerarchia e che il concilio Vaticano II ha così ricordato: «Lo stato di vita costituito dalla professione dei consigli evangelici, sebbene non riguardi la struttura gerarchica della Chiesa, appartiene comunque indiscutibilmente alla sua vita ed alla sua santità» (Lumen Gentium, n. 44), poiché, secondo le linee precedenti, unisce in modo più stretto al mistero della Chiesa ed invita a concorrere maggiormente al suo bene. Contrastando tale attitudine tradizionale, nel suo discorso dell’11 dicembre 2021, cui si è già fatto riferimento, il papa ha ripreso le parole del motu proprio e vi ha subito aggiunto che è necessario fare «attenzione ai fondatori, che hanno talvolta una tendenza autoreferenziale, a sentirsi i soli custodi o interpreti del carisma, come se essi fossero al di sopra della Chiesa».
Senza che la questione sia necessariamente delle fondatrici, è una simile diffidenza a celarsi dietro la perdita d’autonomia dei monasteri femminili ed il sistema di sorveglianza istituito da Cor orans e Authenticum charismatis. In ogni caso, è questo che afferma il padre gesuita Cucci nel suo testo incluso nell’opera Il velo del silenzio, tra la prefazione di suor Becquart e le testimonianze raccolte: «La modalità analoga al clericalismo nelle comunità femminili sembra essere la tendenza a rimanere per più tempo possibile al potere, come si notava, imponendo una mentalità unica e uniformante all’interno dell’istituto secondo il proprio criterio, facendolo passare come volontà di Dio e marginalizzando e colpevolizzando chi pensa diversamente».
La diffidenza diviene la norma. Certo, le situazioni drammatiche d’abuso richiedono una reazione ferma: ma in questione c’è veramente questo o no? Una costellazione di dichiarazioni – noi ne abbiamo rilevate alcune – in merito a questi provvedimenti molto concreti permette di dubitarne. È anche, molto semplicemente, la fedeltà al passato nell’osservanza di una regola ad essere presa di mira: poiché viene considerata obsoleta, essa diviene sospetta. Padre Rivoire nota inoltre come il traduttore della versione francese abbia commesso un errore di traduzione, che non può essere casuale: infatti, il testo originale italiano di Cor orans indica che le federazioni consentiranno di rompere l’isolamento e promuoveranno «l’osservanza regolare e la vita contemplativa» (n. 7), se lo si traduce parola per parola. Il testo francese del Servizio delle monache riporta: «affinché i monasteri che condividono il medesimo carisma non restino isolati, ma possano conservarlo con fedeltà e, nel mutuo aiuto fraterno, vivano il valore indispensabile della comunione»! Il religioso di Chémeré commenta: «È perché trascinato dal suo entusiasmo che il traduttore (o la traduttrice?) ha voluto esser zelante (…). Qualunque cosa sia, (…) anche senza essere fedele alla lettera del documento, egli ne ha ben colto lo spirito» (ibid., pag. 62, nota 28).
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È complessivamente una frattura radicale, nel senso etimologico dell’aggettivo: la vita consacrata si trova, con questo arruolamento forzato in una struttura gerarchica romana e burocratica, strappata dalla sua radice o dalla sua fonte carismatica. Ci sarebbe qui una certa analogia da fissare con la liturgia tradizionale: il diritto battesimale alla sequela Christi viene ridotto ad un permesso, ad una concessione; e la forma di vita (spiritualità e autorità) viene controllata, inquadrata. Allo Spirito Santo non resta che comportarsi bene!
Don Jean-Marie Perrot
[1] Presentazioni e commenti: in francese, Padre Réginald-Marie Rivoire, «Les enjeux de Cor orans» [«La posta in gioco con Cor orans»-NdT] in: Sedes Sapientiæ, n. 149, 2019, pag. 53-78. In italiano: sul blog di Aldo Maria Valli, tre articoli: primo, secondo, terzo. In inglese, sul sito The Remnant, due articoli di Hilary White: primo, secondo.
[2] Soprattutto quando il numero delle professe sia inferiore a cinque: l’affiliazione è la prima tappa di un processo verso la scomparsa, quasi ineluttabile una volta iniziato.
[3] «Le decisioni che, dopo opportuna consultazione e discussione preliminare in sede di Congresso del Dicastero, verranno assunte da questa Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica riguardanti i monasteri di monache e relativi alla decisione di una visita apostolica, alla nomina di un commissario apostolico, alla sospensione dell’autonomia ed alla soppressione di un monastero, verranno presentate mensilmente al Romano Pontefice per l’approvazione in forma specifica».